Sguainare le armi

Era arrivata la chiamata di raduno. Tutto era così calmo quella mattina. Non pensava avrebbe partecipato ben presto alla sua prima battaglia; in fondo non aveva ancora finito l'accademia militare. Questo significava che per il regno, il tempo era arrivato agli sgoccioli. Il tutto per tutto in una mossa offensiva. Si suol dire, infatti, che la miglior difesa è l'attacco.

E io? Io non avevo nemmeno una spada mia. Avevo solo un nemico di fronte, l'unico con cui volevo sfidarmi. Non guardavo oltre quello che volevo vedere. Sapevo che per raggiungere avrei dovuto sfondare le linee nemiche, e che forse non ci sarei nemmeno arrivato. Ben presto mi accorsi che attendevo che nessuno si accorgesse di me. Per quanto potevo essere forte, avevo paura. Avevo paura di affrontare la lotta. Avevo paura di morire. Poi presi coraggio. Ricordai quegli occhi di odio, quelli che mi rubarono ciò che per me era più caro.

Passai dalla fucina del fabbro che mi indicò delle armature. Ne scelsi una di cuoio. Non mi importava essere ferito quanto essere tempestivo. Dovevo essere un fulmine e non potevo permettermi di appesantirmi. Il forgiatore mi guardò. Stava raffreddando la sua ultima creazione. Una lama ricurva, diversa dalle altre. Più leggera e più sottile ma non per questo meno letale. << "Masamune" è il suo nome >> mi disse, donandomela. Feci una prova contro l'incudine: non si spezzò.

Arrivai alla radunata. Ero pronto. Ero pronto ad agire per conto mio. Non volevo stare in mezzo alla battaglia che non mi apparteneva. Mi apparteneva colui che l'aveva scatenata.

"Memento mori" fu il mio pensiero costante.

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