Solo guardare

Tra le stelle poso il mio sguardo
dove ho lasciato il mio ricordo
e scusandomi oggi per il ritardo
mi immagino un viaggio assurdo.

Solo noi due che ci stringevamo,
era così dolce abbracciarti
che mai avrei voluto lasciarti
nell'attimo che ci perdevamo.

E nessuna melodia parlerà per noi
abbiamo scelto di non ritrovarci
per paura di mai più lasciarci
e quel che succederà lo lasceremo al poi


Giacomo Leopardi - L'infinito

Sempre caro mi fu quest'ermo colle,
e questa siepe, che da tanta parte
dell'ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
spazi di là da quella, e sovrumani
silenzi, e profondissima quiete
io nel pensier mi fingo, ove per poco
il cor non si spaura. E come il vento
odo stormir tra queste piante, io quello
infinito silenzio a questa voce
vo comparando: e mi sovvien l'eterno,
e le morte stagioni, e la presente
e viva, e il suon di lei. Così tra questa
immensità s'annega il pensier mio:
e il naufragar m'è dolce in questo mare

Giorni da riconquistare

Dimenticare? E' così facile.

Non è facile oggi rifare tutto, distruggere e riconquistare come quando ho conosciuto te sotto una pioggia di stelle. Non sono niente più.
Lei ha la luce e aspettando un attimo mi rendo conto che è meglio chiudere e riconsegnare, devo rialzarmi, combattere e perdere ancora.

Ogni giorno che passerà sarà un giorno di gloria.

La luce delle fate



Posavo il mio sguardo verso Oriente quella mattina, dove sapevo nasceva il sole; ma non il Sole, quello lo nascondevi tu nel cuore. Speravo mi illuminasse, mi rallegrasse, mi strappasse un sorriso. Credo invece che abba sortito l'effetto contrario. Ora che il volto è chiaro si può notare la delusione e il velo di malinconia che hanno coperto la sua gioia.
Cancellano le false speranze, i giorni che passano miti e uguali, senza mutamenti.
Ho visto verso Oriente perchè speravo nascesse di lì la luce, quella che con il suo calore ti scalda anche se è lontana.
Ho creduto nelle fate perchè di tutta l'immaginazione vissuta accanto ad una sirena, nulla dona più conforto di un battito d'ali leggero e impercettibile dove solo chi ha purezza può sognarlo.
Ancora voglio rivivere quel momento ...

Come poesia

Era come poesia la tua bellezza
non sei bella per quello che mostri
ma sei bella per chi ti apprezza

Era come poesia la tua voce
anche il più lieve sussurro era dolce
e non più sentirla è un male atroce

Era come poesia il tuo sguardo
naufragar nei tuoi occhi e perdermi
e riaverli è ora il mio traguardo

Era come poesia le tue sensazioni
ci si accorgeva di quello che sentivi
dalle tue lievi e leggere pulsazioni

Era come poesia la tua essenza
la si sente in ogni istante della mia vita
che mancando mi accorgo dell'assenza

Era come poesia il tuo amore
immenso da coprire ogni odore
forte da riempire ogni sapore
luminoso da abbagliare ogni colore
bello da far morire il mio cuore.

Un momento per bere

Spalancai la porta dell'osteria e mi accinsi a raggiungere il bancone. Era stranamente vuoto per l'ora. Chiesi del sidro e detti uno sguardo intorno. Solo un uomo dalle umili vesti mangiava qualcosa su un tavolo. Lo fissai per un pò quando lui ricambiò lo sguardo e la bevanda mi fu servita. Aveva gli occhi verdi, e forse anche delle orecchie quasi a punta. I capelli dorati raccolti in una coda, un bastone appoggiato al muro e solo dopo mi accorsi di un lupo grigio seduto tranquillo vicino a quello che supposi era il suo padrone.

Bevuto che fu il mio sidro, pagai subito e piano mi avvicinai al lupo. Non era insolito vedere lupi in giro, era insolito vederlo in una locanda.

"Torriel" esclamò l'uomo quando giunsi vicino.
"Scusi?" risposi.
"E' il nome del mio compagno, Vento nella lingua comune."
"E' elfico?" chiesi.
"Io solo per metà, il nome di lui è nanico." mi disse.
Rimasi sbalordito dal fatto che il nome di un animale fosse nanico, sopratutto conoscendo la loro razza burbera rispetto a quella elfica. Chiesi se mi potevo sedere a chiaccherare e per lui non fu di disturbo.

Oltre i riflessi

Si affoga nell'alcool i dispiaceri
rendendo i propri pensieri sinceri
quando la mera solitudine ci visita
per lasciare il vuoto mentre transita.

Accorgendoci che oltre i riflessi
della felicità, troviamo il suo opposto,
che prima ancora che la cogliessi
era morto il nostro presupposto.

Divenimmo fuoco e dopo cenere
abbandonati a noi stessi nell'oblio
come la promessa nel cimelio
che si è decisi a mantenere.

Stanco però del solito paesaggio
vorrei chiudere con il mio passato
guardarlo come tempo ormai andato
e proseguire chiedendo un passaggio.

Sguainare le armi

Era arrivata la chiamata di raduno. Tutto era così calmo quella mattina. Non pensava avrebbe partecipato ben presto alla sua prima battaglia; in fondo non aveva ancora finito l'accademia militare. Questo significava che per il regno, il tempo era arrivato agli sgoccioli. Il tutto per tutto in una mossa offensiva. Si suol dire, infatti, che la miglior difesa è l'attacco.

E io? Io non avevo nemmeno una spada mia. Avevo solo un nemico di fronte, l'unico con cui volevo sfidarmi. Non guardavo oltre quello che volevo vedere. Sapevo che per raggiungere avrei dovuto sfondare le linee nemiche, e che forse non ci sarei nemmeno arrivato. Ben presto mi accorsi che attendevo che nessuno si accorgesse di me. Per quanto potevo essere forte, avevo paura. Avevo paura di affrontare la lotta. Avevo paura di morire. Poi presi coraggio. Ricordai quegli occhi di odio, quelli che mi rubarono ciò che per me era più caro.

Passai dalla fucina del fabbro che mi indicò delle armature. Ne scelsi una di cuoio. Non mi importava essere ferito quanto essere tempestivo. Dovevo essere un fulmine e non potevo permettermi di appesantirmi. Il forgiatore mi guardò. Stava raffreddando la sua ultima creazione. Una lama ricurva, diversa dalle altre. Più leggera e più sottile ma non per questo meno letale. << "Masamune" è il suo nome >> mi disse, donandomela. Feci una prova contro l'incudine: non si spezzò.

Arrivai alla radunata. Ero pronto. Ero pronto ad agire per conto mio. Non volevo stare in mezzo alla battaglia che non mi apparteneva. Mi apparteneva colui che l'aveva scatenata.

"Memento mori" fu il mio pensiero costante.

Fame dell'anima

Voleremo in cielo come aironi
e guarderemo in basso e rideremo
noi alti sopra la gente passeremo
e ci sentiremo, del tutto, i padroni.

Nuoteremo in mare come pesci
per ammirare meravigliose creature
come delle sirene, anime pure
che la nostra gioia accresci.

Cammineremo sulla terra come leoni
fieri padroni di un mondo solo nostro
segnati sul foglio con dell'inchiostro
che supera ogni sorta di religioni

Ma ci hanno fatto persone umane
proprio per farci continuare a sbagliare
e da ogni nostro errore dovremo imparare
quanto le nostre vite sono strane.

La parte intoccabile

E lasci quel senso di vuoto dentro
che a riempirlo non ci metti niente
ma che non vuoi andarci incontro
rimanendo al tuo posto assente

Ricordo che non era parte di me
il tuo pensiero che mi attraversa,
che faccio scorrere da sè,
situazione insolita e diversa.

Ora posso solo difendere il dono
che mi hai regalato e che conservo
come un'emozione che non abbandono
divenendone padrone e servo.