Calpesto cenere. Cammino sui legni bruciati, sulla pietra rovente e sulle fiamme ancora alte. Il villaggio brucia. Non sono il protagonista, nè uno spettatore. Come uno spettro levito sulla terra per non scottarmi, i miei piedi non toccano il suolo e i miei occhi vigilano intorno. Tutto è deserto, ma deserto diventato, non esistito. La notte arriva e con essa anche il freddo. Si quieta il paesaggio.
Diventato mite, neanche il vento fischiava e i miei arti sono in posizione di attesa, sò già chi verrà e quando verrà. Io paziente aspetto il cavaliere del fuoco. Non dovetti attendere molto.
Lo vidi arrivare in sella ad un leone maestoso, dalla criniera bella folta e da un armatura da battaglia. Il cavaliere non era da meno: un armatura di piastre con bordature rosse e il l'incisione sullo scudo di una fiamma.
Mi guardò e io lo fissai, poi proseguì senza proferire parola e io andai nel verso opposto al suo andare.
Capii quello pensava e che mi doveva dire. Ho già avuti altri incontri simili con poche parole in più da farmi capire il suo essere taciturno e solitario. Dovevo proseguire e non mi sarei dovuto fermare li quella notte.
Vedevo già la torre bianca dal sentiero che mi accingevo a seguire. Era la mia destinazione.
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